Ogni anno i brand più famosi del mondo, ma anche quelli di nicchia, mettono a disposizione dell’utenza smartphone sempre più tecnologici, con funzionalità avanzate ed in linea con il progresso e i dettami del marketing e delle scoperte scientifiche.
Quello che un tempo era un semplice cellulare – un oggetto già rivoluzionario di per sé, perché consentiva qualcosa di assolutamente impossibile fino a non troppo tempo fa, cioè essere raggiungibili in qualunque momento senza ricorrere ad una linea fissa – oggi si è trasformato in un device senza il quale non sarebbe quasi possibile vivere, connesso all’attività lavorativa, alle caselle email, ai nostri momenti di svago e persino agli elettrodomestici di casa. L’IoT (Internet of Things), l’e-health e l’e-commerce (e non solo) passano tutti da lì e ogni pausa, ogni momento di passaggio o noioso può essere condito da musica reperita su applicazioni come YouTube e Spotify o da giochi appartenenti ad un catalogo praticamente infinito presente sui vari store online.
Come non citare, poi, il ruolo dei social e della messaggistica istantanea, attività che assorbono tantissime ore al giorno per chiunque, giovanissimi e adulti.
Tutto questo, però, ha creato una “falla” in questo sistema di progresso perfetto, una sorta di svantaggio automatico a cui in moltissimi stanno lavorando per proporre una soluzione definitiva: il consumo della batteria.
Perché portare avanti tutte queste operazioni durante una giornata significa anche consumare tantissima energia, con la costante preoccupazione di rimanere senza carica ed isolati. Un primo balzo in avanti è stato fatto con le batterie al litio, decisamente più altamente performanti delle precedenti (in leghe al nichel-cadmio) e, soprattutto, longeve, ma più i nostri gadget diventano potenti e più diventa necessario capire come risolvere questo rompicapo.
E se la soluzione arrivasse… dalle stelle (o quasi)?
La NASA al lavoro su un nuovo progetto
Le batterie al fluoruro – il fluoro con carica negativa – potrebbero rappresentare il futuro: parola di NASA.
Secondo la rivista Science, infatti, i dispositivi appartenenti alle prossime generazioni avranno batterie vantanti una durata fino a otto volte quella attuale: tutto grazie ad una ricerca guidata dal Jet Propulsion Laboratory, gestito dall’Istituto di Tecnologia della California proprio per conto della NASA, che vede tra i partecipanti anche il Nobel per la Chimica del 2005, il chimico statunitense Robert Grubbs.
Il problema attuale da superare, però, si ritrova in questa stessa materia prima che promette questi miracoli: il fluoruro, a detta degli stessi scienziati, è molto difficile da lavorare perché è una sostanza altamente corrosiva e reattiva.
Per il momento una piccola vittoria è stata rappresentata da un primo prototipo di batteria ricaricabile al fluoruro che funziona a temperatura ambiente, al contrario di quanto accadeva in passato: già negli anni ’70, infatti, si era cercato di lavorare il fluoruro con altre sostanze solide, ma il funzionamento era connesso a temperature così alte che rendevano gli stessi oggetti praticamente inutilizzabili.